La piadina è una delle pietanze più famose dell’Emilia Romagna, ma molto amata pure nelle restanti regione della Penisola. Si trova, inoltre, nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani, predisposto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.
Come si prepara una qualsiasi di queste piadine? Serve, in primo luogo, una sfoglia di farina di frumento, strutto (oppure c’è chi utilizza l’olio di oliva), sale ed acqua e tradizionalmente cotta su un piatto di terracotta, ossia la teglia.
Le primissime sue tracce le troviamo fin dai tempi degli antichi romani, mentre la prima testimonianza scritta risale al 1371 con la Descriptio provinciæ Romandiolæ, ovvero un rapporto statistico redatto per ordine del cardinale Anglico de Grimoard, legato pontificio della Provincia Romandiolæ. Ecco il passo che ci interessa: “Si fa con farina di grano intrisa d’acqua e condita con sale. Si può impastare anche con il latte e condire con un po’ di strutto.”
Non c’è pensiero unico riguardo all’etimologia, ma la più accreditata la fa risalire al termine greco “πλακούς”, focaccia.
Diverse sono le varietà di piadina, tutte preparate con prodotti naturali. Si può farcire, ad esempio, con la salsiccia, rucola, porchetta, confetture, ecc.
Oggi le farciture più comuni variano da luogo a luogo, ad esempio con l’impiego di spinaci e bietole e con o senza ricotta e formaggio grattugiato. Caratteristiche dell’Emilia Romagna sono i chioschi dove vendono piadine fresche e, a seconda della zona di preparazione, ci sono alcune differenze fra piadina e piadina, per quanto riguarda forma e consistenza. Vi sono diverse offerte pasta per le piadine, mentre si va diffondendo il cosiddetto “rotolo”, preparato farcendo una piadina sottile che viene poi avvolta su sé stessa, e la “piadizza” (viene farcita da stesa proprio come una pizza).