Saor, saòr o savòr, ma cosa vuol dire? Si tratta di una tradizionale ricetta veneziana composta, in primo luogo, da cipolle.
Per capire bene come si è arrivati a questa ricetta, bisogna proprio partire dalle origini. Tutto iniziò dai pescatori veneziani, che decisero di conservare i prodotti alimentari in un modo un po’ particolare. Loro, infatti, avevano l’esigenza di tenere il cibo a bordo per molto tempo, o comunque il più a lungo possibile. Una volta, infatti, cotte le cipolle con aceto ed olio, si posavano a strati intermezzati da sarde fritte in contenitori di terracotta. Col trascorrere del tempo, però, la ricetta è un minimo cambiata, questo perché venne aggiunta l’uva sultanina con il compito di migliorare la digestione e, soprattutto, addolcire la bocca e l’alito degli stessi pescatori. La ricetta moderna, quella che tutti noi potremmo gustare, prevede pure la presenza dei pinoli. Dato che i pescatori mangiavano le sarde in saor dopo che era trascorso diverso tempo dal momento della loro preparazione, assaporavano le tonalità di l’aroma ed il gusto del prodotto non più fresco. Per questo motivo, ancora oggi, è sempre ottima cosa quella di consumarle almeno dopo un giorno di assestamento. Ma come si prepara questo saor? Dopo aver tagliato le cipolle le si mettono ad appassire per 30-40 minuti in olio, dopo aver salato con un cucchiaio di zucchero ed irrorato con mezzo bicchiere di aceto bianco. Poi bisogna infarinare le sarde già pulite e, quindi, friggerle in olio di oliva, oppure strutto. In seguito, stendere in una terrina uno strato di cipolle, poi uno di sarde, e continuare fino al termine. Coprire, infine, la terrina con della carta forno e tenerla per un giorno in un luogo decisamente fresco.