Alcuni piatti tradizionali romani e laziali hanno certamente dei nomi piuttosto curiosi, che rimangono bene impressi nella memoria collettiva. Uno di questi è la coda alla vaccinara, un piatto costituito proprio dalla coda del bue stufata e condita con diverse verdure.
Perché questo curioso nome? Nel rione di Roma chiamato Regola, vi abitavano questi vaccinari (ricordiamo che esisteva pure una chiesa di San Bartolomeo dei Vaccinari, demolita però attorno alla fine dell’Ottocento).
Si tratta di un piatto che può andar bene per una vera alimentazione corretta? Non è proprio il massimo, diciamo, per chi dovesse decidere di mettersi a dieta, tuttavia è un piatto che ultimamente è stato rivalutato, proprio perché per anni veniva ritenuto troppo “rozzo”.
Esistono due modi un po’ diversi di preparare la coda alla vaccinara. La prima la si fa risalire alla ricetta di Ada Boni, che prevedeva che la coda venisse inizialmente fatta lessare. La carne, contemporaneamente, doveva continuare la cottura in un tegame dove era stato fatto soffriggere un trito di aglio, cipolla, prezzemolo, carota, lardo e una fettina di prosciutto. Poi veniva aggiunta un po’ di salsa di pomodoro, parte del brodo e il sedano sbollentato. La cottura proseguiva finché la salsa non si era ristretta.
La seconda ricetta indicava, invece, una salsa a base di cacao amaro, pinoli ed uva passa.
Questo piatto, di solito prevede, come abbinamento vino, un rosso maturo e poco acido.
Non solo questo però, perché si usa condire, con la salsa della coda, i rigatoni rigati, chiamati appunto “rigatoni alla vaccinara”. La preparazione non cambia così tanto: invece di servire la coda da sola, con la salsa viene condita la pasta; infine si aggiunge un po’ di pecorino.